Baldo e Ribaldo. I cani ci guardano by Franco Marcoaldi

Baldo e Ribaldo. I cani ci guardano by Franco Marcoaldi

autore:Franco Marcoaldi [Marcoaldi, Franco]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2022-10-04T22:00:00+00:00


Capitolo quindicesimo

L’invisible fence: libertà contro sicurezza

Lo sapevo: ero stato troppo ottimista riguardo a quella che speravo sarebbe stata l’unica fuga di Nina, avvenuta nel famoso giorno di pioggia, vento e tempesta. Me lo sentivo: erano troppo continui e corali i complimenti ai “tre moschettieri! (Nina, Pozzo e il sottoscritto) che mai e poi mai si erano allontanati da casa. Neppure se i padroni mancavano giorni e giorni, addirittura settimane intere.

È inutile illudersi: non c’è pace tra gli ulivi. E difatti, una certa mattina, Nina ha preso il largo. Così, di colpo. Senza ai né bai. E appresso a lei, ovviamente, è andato Pozzo. In quel caso si è trattato di una gitarella breve: un’oretta e poco più. Ma il giorno appresso, le ore sono diventate due. E il successivo, tre.

A quel punto Uomo è entrato nel panico; mentre Donna, almeno all’inizio, sembrava molto divertita dalle escursioni di madre e figlio. Anche se poi, con il trascorrere delle settimane e il puntuale ripetersi di quelle fughe quotidiane, il suo atteggiamento ha cominciato a oscillare: un po’ manteneva il punto, inneggiando alla libertà degli animali; un po’ andava appresso alle ansie, stavolta più che legittime, del Dio-Padrone.

Io mi limitavo come sempre a osservare, nella consapevolezza che stava per accadere qualcosa di grosso. Perché la scena, ormai, si ripeteva puntualmente ogni mattina, quando, dopo aver mangiato la pappa, i due sparivano. Ragion per cui i padroni cominciarono a studiare delle contromosse, destinate – una dopo l’altra – al fallimento. Indipendentemente dall’atteggiamento assunto.

Che fare quando Nina e Pozzo si ripresentavano bel belli dopo la loro elettrizzante avventura? Blandirli? Festeggiarli per il loro ritorno? O punirli per la loro disobbedienza? Togliergli il cibo? Impedirgli di entrare in casa? Addirittura metterli per un po’ alla catena?

Uomo e Donna le provarono tutte, dopo aver sentito l’opinione di fior di etologi e veterinari, italiani e stranieri. Ognuno diceva la sua, ma qualunque strada venisse imboccata, dalla più amorevole alla più punitiva, non sortiva alcun risultato. Nina e Pozzo continuavano a prendersi quella libertà. In più i padroni non riuscivano a capire come mai, di punto in bianco, Nina avesse preso tale andazzo: sì, qualche volta, in precedenza, si era attardata rispetto al gruppo familiare, come nel caso della stracitata gita sotto l’acqua. Ma mai si era data autonomamente alla fuga. E soprattutto con tanta costanza, con tanta reiterata meticolosità. Come spiegarsi un così repentino cambiamento in una cagna adulta, dal carattere preciso, formato, definito?

Si pensò che le fughe andassero addebitate all’irresistibile attrazione rappresentata dalla cova degli uccelli in laguna; ma come mai, allora, negli anni precedenti non era accaduto alcunché? No, quell’ipotesi non stava in piedi, e difatti, trascorso il periodo della cova, la pessima abitudine dei miei familiari non cessò. Anzi, se possibile, si accentuò ulteriormente. Ormai quei due sventurati erano capaci di partire la mattina presto e tornare a sera inoltrata.

Il Dio-Padrone non sapeva più che pesci pigliare. Passava intere giornate a cercare di tappare i buchi nella rete di recinzione: cinque ettari di terra, capite? Mica un giardinetto con sedia a dondolo e nanetti.



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